“WHISTLEBLOWING, OSSIA SOFFIARE IL FISCHIETTO DELLA LEGALITÀ”: GENESI, NORMATIVA E PROTOCOLLI APPLICATIVI

01/03/2023

I Modelli organizzativi 231/01 sono caratterizzati dalla esistenza di una particolare procedura di comunicazione con l’Organismo di Vigilanza, ai fini della segnalazione di violazioni del Modello stesso o di comportamenti illegali, definita come procedura “Whistleblowing”. Proviamo in questo breve articolo a sintetizzare alcuni elementi di approfondimento.

Significato e cenni storici

Nel 2014 alla Accademia della Crusca, nell’ambito della genesi della normativa italiana, di matrice invece anglosassone,  venne posto il quesito “come si traduce in italiano la parola Whistleblower?” (lett. il “soffiatore di fischietto”): la risposta fu che nel lessico italiano non esisteva una parola semanticamente equivalente al termine angloamericano, soprattutto per la assenza all’interno del contesto socio-culturale italiano, di un riconoscimento stabile della “cosa” a cui la parola faceva riferimento.
“WHISTLEBLOWING, OSSIA SOFFIARE IL FISCHIETTO DELLA LEGALITÀ”: GENESI, NORMATIVA E PROTOCOLLI APPLICATIVI
In inglese la parola Whistleblower indica "una persona che lavorando all’interno di un’organizzazione, di un’azienda pubblica o privata si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale, potenzialmente dannoso per la collettività e decide di segnalarlo all’interno dell’azienda stessa o all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, per porre fine a quel comportamento”. A chi si può applicare in concreto la definizione? Per esempio all’addetto contabile di un ente o di un’azienda che si accorge di un reato fiscale o al ricercatore di una casa farmaceutica che è a conoscenza del fatto che il farmaco che sta per essere lanciato sul mercato non ha superato tutti i test di controllo e può avere effetti collaterali pericolosi e non dichiarati. E queste persone per motivi etici e di coscienza decidono appunto informare in primis il proprio superiore, il Direttore Generale o l’Amministratore Delegato, o in seconda battuta qualsiasi autorità interna all’azienda o pubblica che abbia il potere di intervenire per bloccare il comportamento illecito e le sue conseguenze.
Negli Stati Uniti in particolare il movimento di opinione per la difesa e tutela del consumatore di cui Ralph Nader, attivista e politico americano, fu antesignano dagli anni ’70 portò al ribaltamento lessicale del termine, prima associato alla sola immagine negativa dello “spione”.
È ovvio però che un Whistleblower può spesso subire (se non sempre), e a tutte le latitudini, ritorsioni e conseguenze negative per chi denuncia e, dunque, in tempi diversi e in diversi paesi, si è profilata la necessità di legiferare a tutela di queste persone.
Negli Stati Uniti, un precedente concettuale e legislativo risale addirittura al 1863, si tratta del False Claim Act o legge Lincoln, che prevedeva una ricompensa per chi denuncia frodi ai danni del governo federale;  nel Regno Unito è stata invece elaborata e adottata la legge più estesa e completa in materia: il Public Interest Disclosure Act del 1998.

Cenni sulla normativa italiana e prospettive

In Italia il principio normativo è stato  disciplinato in primis per la Pubblica Amministrazione dall'art. 54-bis del D.lgs. n. 165/20011, ai sensi del quale “il pubblico dipendente, che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza [...], ovvero all'ANAC, o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione". Con la legge n. 179/2017 è stata ulteriormente precisata la disciplina del whistleblowing, introducendo una specifica disciplina riferita al settore privato e, con riguardo alle segnalazioni o denunce nel settore pubblico o privato, è stato previsto, come giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio (art. 326 c.p.), del segreto professionale (art. 622 c.p.), del segreto scientifico e industriale (art. 623 c.p.) nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore da parte del prestatore di lavoro (art. 2105 c.c.), il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni (art. 3).
Il settore pubblico e nello specifico l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha dovuto quindi adottare “apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni, prevedendo l'utilizzo di modalità anche informatiche e strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
Per quanto in particolare riguarda il settore privato/aziendale l’ambito di applicazione dell’attuale disciplina del Whistleblowing coincide con quello del D.lgs. 231/2001: in effetti l’art. 2 della l. 179/2017 ha introdotto un nuovo requisito di idoneità dei Modelli organizzativi, determinando di conseguenza un obbligo di aggiornamento degli stessi”, in particolare richiedendo “una specifica procedura che disciplini le modalità di segnalazione, il processo di analisi e gestione della segnalazione, nonché le modalità per garantire la riservatezza del segnalante o del segnalato anche nel rispetto della  privacy.
Questo quadro normativo è destinato ad una ulteriore modifica con la ormai prossima approvazione e promulgazione dello “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937” (Atto del Governo n. 10), approvato dal Consiglio dei Ministri il 9 dicembre 2022.  Con il prossimo recepimento della Direttiva UE 1937/2019 infatti il predetto obbligo sarà esteso (perlomeno) “ai soggetti giuridici del settore privato con almeno 50 lavoratori” per la segnalazione di “violazioni del diritto dell’Unione Europea … a prescindere dall’adozione di un Modello organizzativo 231, notoriamente facoltativa.
Da sottolineare  che la prima versione del decreto di recepimento prevedeva la possibilità per il segnalante di rivolgersi anche alla stampa, in caso di inerzia da parte della azienda, con conseguenze quindi di maggiore impatto sulla reputazione e pubblica immagine aziendale.

Procedura applicativa

In attesa di una più chiara visione della novità normative, e nel contesto delle Linee Guida disponibili (Confindustria, ANAC, ISO 37001 ecc), proviamo a sintetizzare le regole applicative di una “buona” procedura Whistleblowing, estrapolando alcuni “bullet point” significativi:
“WHISTLEBLOWING, OSSIA SOFFIARE IL FISCHIETTO DELLA LEGALITÀ”: GENESI, NORMATIVA E PROTOCOLLI APPLICATIVI
  • Presenza di adeguata visibilità sul sito aziendale delle policy e del Codice Etico, che preveda la possibilità di segnalazione ai sensi del protocollo Whistleblowing: in qualche caso potrà essere valutata la possibilità di effettuare una segnalazione anche a soggetti esterni;
  • Propedeutica attività informativa al personale aziendale, e chiarezza espositiva: dovrà infatti potersi verificare che il personale aziendale è stato realmente informato delle tutele a favore del Whistleblower, e della policy aziendale in merito alla “non ritorsione” o vessazione;
  • Definizione di regole applicative, descritte nella procedura, che individuino le casistiche significative per la segnalazione, anche anonima purché circostanziata, e di contro quelle che esulino dal contesto del Modello Organizzativo o possano addirittura configurare in astratto il reato di diffamazione;
  • Casella e-mail fuori dominio aziendale o utilizzo di piattaforma esterna informatica dedicata, potranno essere utilizzate anche caselle di dominio esterno tipo gmail o simili. Più controverso è l’utilizzo  di caselle di dominio aziendale, che tendenzialmente non garantiscono la possibile segnalazione anonima: a nostro avviso l’utilizzo è comunque compatibile purché la procedura permetta canali alternativi di segnalazione, anche fornendo gli indirizzi e mail e postali dell’Organismo di Vigilanza per un contatto protetto;
  • Dimostrabilità dell’effettiva verifica del protocollo da parte dell’Organismo di Vigilanza, documentando durante le interviste periodiche le modalità informative, la conoscenza del protocollo da parte del personale e la funzionalità delle procedure informatiche.
Speriamo di aver contribuito a una migliore conoscenza delle modalità applicative, rimanendo a disposizione per eventuali quesiti specifici. 
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