Il Sole 24 Ore: Open Innovation strumento definitivo per la competizione

20/01/2022

Il Sole 24 Ore tratta di un argomento molto attuale, l'Open Innovation.

Open Innovation strumento definitivo per la competizione
Strategie. Fattore tempo e investimenti gli ostacoli principali, ma se cavalcata con convinzione diventa un alleato per le aziende

In Calabria una giovane designer ha deciso di guardare al futuro scommettendo sul passato. Per farlo ha puntato sul gioco di squadra, coinvolgendo altri professionisti e ricercatori dell’Università della Calabria. Così Flavia Amato, 31enne designer di Guardavalle, piccolo borgo nella Calabria ionica, dopo aver girato il mondo è tornata nella sua terra per lavorare la seta e altri filati, creando Malia, atelier di moda ecologica. Dal suo paese l’impresa dialoga con il mondo intero grazie all’ecommerce. Si lavora sui tessuti innovativi come le fibre di bambù, di mais, della menta. Ma su tutto c’è la sana ossessione per la ginestra, la regina tra le piante della famiglia delle fabaceae, tipica degli ambienti di macchia mediterranea. Grazie alla ginestra Flavia ha l’ambizione di riaccendere la filiera legata alla sua lavorazione, ricreando un distretto produttivo innovativo del tessile. «Il mio paese può far rinascere una filiera partendo proprio da lì. In Calabria siamo pieni di ginestra, fibra molto resistente e simile alla canapa. In passato questo tessuto era molto in voga tra i nostri cari, ma nel tempo è stato intercettato anche da altri centri di ricerca nel mondo. Già vent’anni fa un team di studiosi svedesi aveva acquistato terreni qui per raccogliere campioni di ginestra e realizzare tute aerospaziali. L’impatto ambientale è minimo: la pianta non ha bisogno di trattamenti particolari», racconta Amato, che ha unito le forze con l’Università della Calabria: da anni il polo accademico di Cosenza lavora al recupero della pianta per trasformarla in fibra tessile. Con la pandemia il progetto è stato ripreso e finalizzato alla realizzazione di capi di abbigliamento disegnati proprio dalla designer calabrese.

Dall’Italia al resto del mondo nel segno delle alleanze trasversali per fare innovazione e generare business. La via all’open innovation che passa dalle piattaforme abilitanti è l’area che sta generando le maggiori attenzioni dei mercati. Pochi giorni fa BandLab, startup nata a Singapore nel 2015, ha raccolto 53 milioni di dollari con un round guidato da Vulcan Capital e K3 Ventures. Obiettivo: rafforzare la piattaforma mobile first destinata ai musicisti e pensata per creare proposte musicali innovative con il contributo degli utenti a distanza. Ad oggi BandLab è utilizzata da più di 40 milioni di utenti, tra produttori e musicisti. «La nostra visione sta in un futuro nel quale non ci siano più barriere alla creazione e alla condivisione di musica, in particolare tra musicisti, creatori indipendenti e utenti. Vogliamo valorizzare i miliardi di smartphone connessi e mettere in circolo le idee musicali originali», ha dichiarato Kuok Meng Ru, 32enne startupper di successo e ceo di BandLab, uno degli esponenti di spicco della nuova generazione di innovatori legati alla co-creazione.

Così l’open innovation diventa una leva distintiva per affrontare le sfide di un’economia molto più volatile e interconnessa di un tempo. Lo certifica anche il rapporto degli analisti di Longitude Research per Hitachi dal titolo “Co-creating the future”. Si tratta di un’indagine quali-quantitativa sulle prospettive della co-creazione per le aziende e che ha coinvolto quasi 600 top manager europei di colossi con almeno 5 miliardi di dollari di fatturato. Dalla fotografia emerge come il 57% del campione intervistato ritenga che l’open innovation abbia trasformato la propria organizzazione portandola ad abbracciare le sfide dell’innovazione, mentre il 52% sostiene che un approccio co-creativo abbia permesso di ottimizzare e ridurre i costi di sviluppo legati a prodotti e servizi nelle proprie imprese, registrando anche un miglioramento dell’impatto sociale della propria attività. L’innovazione aperta consente di guardare al futuro: sei manager su dieci sono convinti che la co-creazione permetta di produrre nuovi prodotti e servizi, incentivando opportunità commerciali. Tuttavia per molte realtà resta solo un’aspirazione, piuttosto che una strategia già implementata. Poco meno di un terzo, precisamente il 31% degli intervistati, ha avviato investimenti a medio-lungo termine incentrati sull’open innovation, con uno scollamento evidente tra entusiasmo e attuazione: il fattore tempo e gli investimenti economici necessari sono i principali ostacoli.

Ma le conclusioni dei ricercatori sono ineluttabili: laddove è praticata con continuità, l’open innovation diventa un alleato formidabile contro le pratiche restrittive convenzionali, consentendo di sviluppare reti di relazioni più intense con tutti gli stakeholder, compresi i clienti e persino i competitor. L’obiettivo è ambizioso: nel tempo segnato dall’imprevedibilità bisogna abbattere i silos del passato per costruire nuovi paradigmi di mercato per il futuro.
 

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